
Alien Saga: le cose che (forse) non sapete
10/05/2017“Nello spazio, nessuno può sentirti urlare”. Così recitava l’indimenticabile slogan della locandina di Alien, il film con cui Ridley Scott nel 1979 tornò a intingere la fantascienza nell’horror, dando così la sua risposta oscura al ricco e variopinto immaginario visivo di Guerre stellari (1977).
Nell’arco dei 38 anni successivi, Alien si è trasformato in un franchise strutturato in quattro sequel diretti e un prequel, Prometheus, di cui ora possiamo ammirare il seguito, Alien: Covenant, pronto a uscire nelle sale italiane (11 maggio). A dirigere è sempre Scott, il quale ha promesso un prepotente ritorno alle origini, soprattutto nelle atmosfere e nella costruzione della tensione.
In attesa di scoprire se le stuzzicanti premesse della campagna promozionale saranno mantenute, portiamo alla luce una serie di aneddoti e curiosità sui capitoli dell’Alien Saga di cui forse non eravate a conoscenza.
Alien (1979)

Il primo incontro: Alien (1979)
“Lo squalo nello spazio”. Così gli sceneggiatori Dan O’Bannon e Ronald Shusett hanno presentato il concept di Alien alla Fox. E in effetti di similitudini con il cult di Spielberg il film ne ha, a cominciare dalla gestione del mostro, che si rivela con il contagocce e mai in primo piano. Come il celebre pesciolone, la sua è una presenza costante, che aleggia inesorabile sull’equipaggio della Nostromo. Dentro il costume dello xenomorpho, disegnato dal pittore H. R. Giger, c’era Masai Bolaji Badejo, giovane nigeriano alto 2,10 metri e notato in un bar dalla produzione.
Sigourney Weaver nei panni dell’ufficiale Ellen Ripley è diventata un’icona nel parco delle eroine cinematografiche: semisconosciuta al tempo del casting, ha convinto tutti dimostrando di avere il carisma e le pallenecessarie per affrontare un mostro alieno in canottiera e mutandine, sebbene il progetto originale la volesse nuda, idea che Fox rifiutò. Per aumentare lo sfinimento dell’attrice e dei suoi colleghi, Scott inizialmente aveva optato per tute spaziali soffocanti, dentro le quali si moriva letteralmente di caldo.
Parecchie le scene indimenticabili, a cominciare dal parassita che esce dal petto del povero John Hurt, squarciandoglielo. Scott non aveva avvisato nessuno degli attori dell’esistenza di questa scena, con lo scopo da ottenere una reazione di terrore e disgusto quanto più possibile spontanea. Ecco il making of: un finto torso umano è stato applicato al tavolo della cucina, sotto il quale si è sdraiato Hurt. Con un abile posizionamento della cinepresa, quindi, si è creata l’illusione che la testa dell’attore fosse realmente attaccata al finto torso, et voilà, tutto pronto per lo splatter.
Aliens – Scontro finale (1986)

Posti da evitare da piccoli (e da grandi)… Aliens (1986)
Uno dei migliori sequel della storia del cinema. Lo dirige James Cameron, che solo due anni prima aveva firmato quella cosuccia chiamata Terminator. Più azione e più alieni, con tanto di Regina della specie che depone le uova: il nido viene ricreato all’interno della centrale elettrica Acton Lane, la stessa che Tim Burton in Batman trasforma nella fabbrica Axis Chemicals, in cui Jack Nicholson diventa Joker.
Nel cast del film, la cui realizzazione è durata sette anni, c’è anche Bill Paxton, scomparso lo scorso febbraio: recita la parte di un marine spaccone che, insieme alla sua squadra, accompagna Ripley sul pianeta Lv 426, quello del primo film ma ora colonizzato. Lì troviamo la piccola Newt, orfanella che con la protagonista instaura un rapporto madre-figlia: la interpreta Carrie Henn, che allora aveva nove anni e dopo Aliens non ha mai più recitato, diventando un’insegnante.
La Weaver, dal canto suo, ha visto il suo cachet salire dai 35mila dollari del capitolo precedente a 1 milione (seguito poi dai 4 milioni di Alien 3 agli 11 di Alien: la clonazione). Curiosità: data la sua avversione per le armi, all’inizio pretendeva che Ripley non impugnasse mai una pistola per tutto il film. Cameron l’ha convinta a cambiare idea portandola al poligono di tiro.
Alien 3 (1992)

Una mentina ogni tanto… Alien 3 (1992)
Tra tutti i film della saga, Alien 3, ambientato in una soffocante prigione spaziale, ha avuto la produzione più travagliata. Tanti sono i nomi alternatisi alla regia: all’inizio il candidato a dirigere il film sembra essere Ridley Scott, deciso a esplorare, come poi fatto in Prometheus, le origini degli xenomorphi e della vita in generale. Un progetto troppo costoso per Fox, che quindi si sposta su Renny Harlin, il quale saluta tutti causa Bruce Wills e Die Hard 2. Quindi ecco David Fincher, 28enne al suo primo film, da realizzare in poche settimane partendo da una sceneggiatura inesistente e uno Studio invadente e preoccupato di dare al pubblico uno spettacolo degno degli episodi precedenti. Fincher ha però una visione fin troppo personale per la major e i contrasti si accendono ripetutamente, soprattutto in merito alla decisione di uccidere Ripley nel finale, scena rigirata perché giudicata troppo simile al sacrificio di Schwarzy in Terminator 2. “Avrei dovuto aspettarmelo, non potevo pensare di entrare in un simile franchise e lavorare indisturbato”, ha dichiarato Fincher in un’intervista rilasciata nel 1993 al giornalista Mark Bauman. “Non mi vergogno di questo film, sono fiero degli effetti speciali, della performance del cast e di come siamo riusciti a lavorare con la scarsa preparazione che avevamo. Forse non abbiamo sfondato al box office mondiale, ma abbiamo realizzato qualcosa di unico e spiazzante, che non propone il solito intrattenimento sicuro e spensierato che piace tanto in America”.
Alien: la clonazione (1997)

Ciao mamma! L’ibrido umano-xenomorpho in Alien: La clonazione (1997)
Poteva forse Ripley sparire dall’Alien Saga? Neanche morta. E infatti, eccola clonata (è un ibrido uomo-alieno) nel film di Jean-Pierre Jeunet, che sul set non spiccicava una parola d’inglese e girava con gli interpreti. Cos’abbia convinto Sigourney Weaver a tornare? Per dirla con le sue parole, “un furgone pieno di soldi parcheggiato davanti a casa mia”.
La storia è scritta da Joss Whedon, che ancora non aveva incontrato gli Avengers della Marvel. L’azione nel film non manca e uno stunt in particolare stava per costare caro a Ron Perlman, quasi annegato nella lotta “subacquea” contro uno degli alien. Con l’acqua ha avuto problemi anche Winona Ryder, quasi affogata da piccola: il primo giorno di riprese, l’attrice è stata colta da un forte attacco d’ansia, poi superato anche dall’entusiasmo di recitare in un film del franchise: “Ho detto sì senza nemmeno leggere il copione. Fossi morta alla prima scena non mi avrebbe importato!”.
Prometheus

Mastro Lindo crea la vita… Prometheus (2012)
Una storia sulla creazione, quella che Scott avrebbe voluto raccontare in Alien 3. La prima sceneggiatura di Jon Spahits puntava tutto sulla genesi degli xenomorphi; l’ingresso di Damon Lindelof (Lost) ha dato alla storia un respiro molto più ampio e allegorico, con al centro il significato della vita stessa.
Pensare che Scott aveva cominciato a parlare del progetto insieme a James Cameron, che avrebbe agito da produttore. Per convincere quest’ultimo a non lavorare mai più nel franchise, però, è bastata l’idea di Fox di realizzare Alien vs Predator, crossover destinato, secondo Cameron, a uccidere la credibilità del franchise. Solo nel 2009 Scott è tornato a lavorare su Prometheus, stavolta da solo.
Il risultato? Non proprio esaltante, con una buona fetta di pubblico frustrata dal nuovo approccio creazionista, che ha portato il film fuori dai binari tradizionali della saga. Lo stesso Scott, in una recente intervista a Yahoo, ha ammesso: “Non dico che i fan abbiano l’ultima parola, ma in un certo senso sono il riflesso dei tuoi dubbi. Sono rimasti delusi perché volevano vedere di più il mostro originale, così ho cominciato a pensare di aver effettivamente sbagliato qualcosa”. E ora è pronto al riscatto.
Altre piccole curio su Prometheus: Noomi Rapace, l’eroina del film, ha dovuto sconfiggere lo scetticismo della produzione in merito al suo inglese debole. Scott non ha mai avuto dubbi su di lei ma l’attrice ha lavorato con un insegnante madrelingua sul set, così da imparare un accento il più possibile convincente; l’androide di Michael Fassbender è stato chiamato David seguendo l’ordine alfabetico dei precedenti androidi della saga (Ash, Bishop, Call); Charlize Theron ha avuto difficoltà a tenere il ritmo delle scene d’azione, specialmente quelle di corsa. Il motivo? Troppe sigarette…
Bene, ho spulciato sino in fondo il mio archivio di “Alien Trivia”. Palla a Covenant ora, nella speranza che lo spazio possa tornare un luogo da incubo.