IT, arriva il film: speranze e timori di un fan del libro

IT, arriva il film: speranze e timori di un fan del libro

17/10/2017 0 Di AndreMovie

IT è ormai pronto a uscire nelle sale italiane e il mio animo è diviso in due (premessa: ho evitato qualsiasi tipo di recensione per non rimanerne in alcun modo influenzato). Da una parte c’è la consapevolezza che non potrà mai eguagliare il libro di Stephen King né la personale proiezione della storia che da anni dimora nella mia mente. Dall’altra, c’è la curiosità di vedere l’horror dell’anno, con numeri da record al box office e un sequel già in agenda per il 2019.

stephen-king-itLe pagine del romanzo del Re galleggiano come stampate nella mia memoria. Guardo appoggiata sul primo ripiano della mia libreria la prima edizione del best-seller, quella con la cover in cui la mano verde di una creatura misteriosa esce dalla grata di un tombino, pronta ad afferrare una barchetta di fogli di giornale che naviga su un rivolo di pioggia. È un’edizione vecchia e alcune pagine sono persino ingiallite, ma non la cambierei con quella più recente. Sarà che il fascino retro è spesso irresistibile, ma la potenza narrativa di quel romanzo, così vissuto prima da mio padre e poi da me, mi sorprende e coinvolge ogni volta che mi capita solo di sfogliarlo, leggendo estratti qua e là. King non si limita a raccontare la storia di un mostro (che poi solo mostro non è) che terrorizza i bambini di Derry assumendo le sembianze delle loro peggiori paure: il suo è anzitutto un racconto di formazione, che parte dall’infanzia, continua nell’adolescenza e termina nell’età adulta. Ognuna di queste tre fasi è analizzata in profondità attraverso le vite di ciascuno dei protagonisti – Bill, Ben, Stan, Ritchie, Beverly e Mike, il Club dei perdenti -, ragazzi in cui è impossibile non identificarsi poiché simbolo di un’emarginazione che abbiamo provato tutti da teenager.

Nel descrivere il loro legame, condivisione molto forte di emozioni che solo l’adolescenza ti fa vivere, lo stile di King si fa sensibile e nostalgico; diventa invece sporco, a tratti volgare e marcato quando il Male fa capolino nella narrazione, sia con le sembianze di Pennywise il clown o degli scagnozzi di Henry Bowers, il bullo della scuola. Al centro c’è dunque lo scontro fra un’innocenza che cerca in tutti i modi di rimanere incorruttibile e una forza oscura e primordiale che vuole corromperla, per annientarla.

Il regista Andy Muschietti (La madre) ha deciso di trasportare l’ambientazione dagli anni ’50 agli anni ’80, sfruttando l’incredibile appeal di una decade forse mai come oggi tornata di moda a Hollywood. Scelta furba, di “tendenza” e di target: il suo è un film che deve acchiappare (anche) un pubblico giovane, che il libro non l’ha mai letto e forse non ha neppure mai visto la miniserie anni ’90 con uno spaventoso Tim Curry nei panni di Pennywise, il quale si è nutrito per mesi della mia immaginazione (la prima volta che l’ho visto avevo meno di 10 anni e le conseguenze sono state mesi di incubi).

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In questo senso, il quadro è ancora più affascinante e mi fa ben sperare il giovane cast di protagonisti, già applaudito all’unanimità. Dal puro lato horror, invece, mi aspetto un pacchettino ben confezionato secondo regole piuttosto classiche: jumpscares, accelerazioni, silenzi, e altri simili trucchetti del mestiere, che vedi arrivare ma ti spaventano sempre e comunque se sono costruiti come Dio comanda (prendete i vari Insidious e The Conjuring di James Wan, per esempio). Il timore più grande è che il risultato finale si riveli un’opera più commerciale che altro e la vera anima del romanzo, che racchiude molto più di un mostro che insegue dei ragazzini, non venga fuori a pieno.

Sia chiaro, certe scene descritte nel libro sono difficilmente traducibili su grande schermo (il rito di Chud su tutti) e in più la lavorazione del film è stata complessa: i limiti del budget (35 milioni di dollari) ne hanno condizionato le riprese, senza dimenticare che all’inizio il regista era Cary Fukunaga, che aveva la sua visione di storia poi finita in rotta di collisione con quella di New Line. Muschietti è subentrato dopo l’abbandono del regista di True Detective, ribaltando un po’ le carte in tavola in termini stilistici ed estetici, compreso l’attore che avrebbe dovuto interpretare IT, da Will Poulter a Bill Skarsgard (che già di suo ha un’espressione inquietante come poche altre).

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Grande merito dunque va a Warner Bros. e a tutto il team, che sono comunque riusciti a creare un prodotto funzionante, che ha esordito con record in USA toccando quota 630 milioni di dollari nel mondo. In più, giusto per cavalcare ancora di più l’onda, la major ha deciso per una nuova release in Blu-ray del già citato adattamento tv.

Ora, mi fa piacere tutto questo successo, ho solo paura di scoprire a quale prezzo. Mi chiedo solo cosa mi troverò davanti, pur mantenendo un approccio più distaccato dal romanzo: un buon film horror con spaccati romantici in stile Stand by Me – giusto per restare in tema King – oppure un’abile mossa di mercato con qualche licenza di troppo rispetto al modello di riferimento?

Credo che quando si ha a che fare con romanzi che hanno entusiasmato generazioni di lettori, un certo livello di fedeltà lo si debba mantenere, come punto di partenza per costruire qualcosa con una propria identità. Per esempio, è dal secondo trailer che mi chiedo se Bill balbetterà o meno: sembra un’inezia, ma la balbuzie è una sua importante caratteristica, non solo un handicap. È un difetto che ne definisce la personalità e i promo sinora non l’hanno evidenziato…

King ha però applaudito l’adattamento (cosa non così scontata, ricordate la faida con Kubrick per Shining?) e Muschietti & Co. hanno assicurato di non aver stravolto il romanzo.

Troppe domande? Troppe pare? Probabilmente sì e la cosa migliore da fare sarebbe scordarsi di tutto e godersi il film in santa pace. Ma la paura di rimanere delusi è tipica delle grandi occasioni. E questa, senza dubbio, lo è.

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