2017 ADDIO: top e flop al cinema e in tv

2017 ADDIO: top e flop al cinema e in tv

30/12/2017 0 Di AndreMovie

Dovessi fare un bilancio sincero e complessivo del 2017, lo collocherei senza esitazioni in un angolo dimenticabile della mia memoria. Dunque meglio concentrarsi su ciò che nonostante tutto non smetterà mai di piacermi, su grande e piccolo schermo. Come sempre, fare mente locale si trasforma in un’impresa, perché mi scatta quella reazione da tabula rasa che mi fa chiedere cosa diavolo abbia visto in questi 365 giorni. Poi qualche ricordo affiora ed ecco raccolti, più di getto che figli di un ragionamento lucido, i top e i flop della stagione, a cui aggiungo i così da me ribattezzati “TLOP”, ossia tutto ciò che sta un po’ a metà strada.

TOP:

Logan: il terzo e ultimo capitolo della saga di Wolverine è forse il film a cui faccio l’applauso più lungo. Come impatto personale, in termini di superhero movies, lo avvicino solo a quello che ebbe su di me Il cavaliere oscuro di Nolan. Logan è la dimostrazione che i cinecomic possono ancora essere roba per adulti e lo stile Marvel sia appunto solo uno dei tanti linguaggi di genere percorribili. È un film doloroso e commovente, immerso in atmosfere da western contemporaneo e crepuscolare che si rivela il perfetto commiato di Hugh Jackman nei confronti di un personaggio che interpretava dall’inizio del 2000. Chapeau, anche di fronte al coraggio di 20th Century Fox.

Stephen King. Nonostante qualche pasticcio di troppo con la Torre nera, il 2017 è stato l’anno del Re. King è tornato a influenzare Hollywood come non gli capitava da tempo: It è stato l’horror dei record e tutti gli applausi ricevuti sono più che meritati perché una versione migliore di quella di Muschietti, oggi, proprio non riesco a immaginarmela. Persino gli adattamenti su Netflix non sono malaccio: Il gioco di Gerald di Adam Wingard si lascia guardare e 1922 ha apprezzabili momenti oscuri. Stevie può essere soddisfatto.

Stranger Things 2: la seconda stagione forse mi è piaciuta ancor più della prima. L’uso di citazioni e riferimenti all’universo anni ’80 mi è parso più intelligente e non era scontato gestire bene le tante e nuove dinamiche fra i protagonisti. Lo schema di fondo è forse sempre quello, ma bellezza e forza di Stranger Things stanno in un cast di giovani star di cui, se avessi di nuovo 12 anni, vorrei diventare migliore amico. In più, ci fosse un Dustin in ognuno di noi, il mondo sarebbe un posto migliore.

– I film degli Oscar: La La Land scioglie il cuore. Arrival apre la mente. Manchester by the Sea è un trattato sulla sofferenza dell’animo umano. Tre grandi film, ognuno importante a modo suo. Mi manca ancora Moonlight, miglior film per l’Academy, ma recupererò, promesso.

Denis Villeneuve: merita un pensiero a parte. Il regista canadese è ormai quasi una garanzia: con Arrival ha dimostrato che si può fare un film su un’invasione aliena senza Will Smith o Tom Cruise che salvano il mondo. Soprattutto, si può realizzare un’opera concettuale, che sia profonda e allegorica riflessione sul linguaggio e sul senso del tempo e della vita. Di Blade Runner 2049 parlo più sotto…

Wonder Woman: l’unica luce del DCEU, e non c’entra solo la sconvolgente figaggine di Gal Gadot. Patty Jenkins, da donna con le palle qual è, ha fatto meglio dei colleghi Zack Snyder e David Ayer. Senza per altro fare miracoli, solo realizzando un film coerente dall’inizio alla fine, col giusto mix di azione, humor e sequenze wow. Peccato per un villain che lascia un po’ perplessi (ma chiunque è meglio di Doomsday o Steppenwolf).

Baby Driver: il talento di Edgar Wright al servizio di un film che è un musical su quattro ruote, oltre che una storia d’amore romantica e un’action coi controcazzi. Come la colonna sonora. Gemma.

Guillermo del Toro. The Shape of Water non uscirà nelle sale italiane prima del 14 febbraio 2018, ma sono tanto felice per Guillermone: vincitore a Venezia, candidato a 6 Golden Globes, è riuscito a rialzarsi dopo qualche insuccesso di troppo (mi domando ancora perché Crimson Peak esista). Ora è tornato a quello che sa fare meglio, con una fiaba visionaria, romantica e poetica, con quel pizzico di tensione che non guasta. E Michael Shannon, anche lui aiuta.

Aggiungo anche: The War – Il pianeta delle scimmie, The Edge of Seventeen, Split, Colossal, Get Out, Kong: Skull Island, Raw, Free Fire, Thor: Ragnarok, Spider-Man: Homecoming.

FLOP:

Weinstein e Sexgate: non farò nessun discorso su quanto sia indifendibile qualsiasi forma di molestia. Ma dallo scandalo che ha travolto il produttore, ne esce male tutta Hollywood. Troppo grande perché nessuno sapesse, e infatti sapevano tutti o quasi. Mai come quest’anno la Fabbrica dei sogni è sembrata un luogo oscuro di personaggi viscidi, emersi da un terremoto mediatico la cui onda d’urto è arrivata anche qui in Italia (vedi il caso Fausto Brizzi). Se tante sono le vittime, lo sono anche i colpevoli.

Justice League: scrivo la parola fine sull’universo Warner/DC. Il crossover che avrebbe dovuto lanciare definitivamente l’intero sistema, lo affossa. Un villain troppo ridicolo e campato per aria per essere preso sul serio; una squadra di eroi messa insieme alla velocità della luce tanto che l’amalgama è inesistente e i vari Aquaman e soci sembrano solo un gruppo di figurine, costruite su stereotipi fin troppo di stampo Avengers. Qualcos’altro? Ah sì, i baffi di Henry Cavill rimossi al computer: manco quello sono riusciti a fare come si deve.

The Snowman: ci credevo un sacco in questo thriller con Michelone Fassbender. Tratto dal best-seller di Jo Nesbo, racconta di un detective tormentato a caccia di un killer che si diverte a decapitare le donne, lasciando un inquietante pupazzo di neve come firma. Sullo sfondo, l’atmosfera incantevole e sinistra del paesaggio invernale norvegese. Detto così, fighissimo. E invece più guardi il film e ti chiedi: perché Fassy è alcolizzato? Perché l’assassino ce l’ha con lui? E perché ogni scena sembra messa lì a caso? Domande che alla fine restano.

Alien: Covenant. Non vedevo l’ora del ritorno del cucciolone xenomorpho, ma Ridley Scott è stato fin troppo paraculo con un film che sembra voler solo ricordare quanto di epico è stato fatto in passato. Il problema è che il riciclato non si nasconde e il poco che c’è di nuovo non cancella le perplessità del precedente Prometheus.

The Walking Dead: mi spiace dirlo, soprattutto di una serie che ho seguito dalla primissima puntata, ma TWD non sa più che pesci prendere. Lo show AMC si trova come in un limbo: la sensazione è che sia consapevole di essere arrivata agli sgoccioli, ma ancora non sappia come calare il sipario. Combatte con un formato che ormai non sa più gestire (mid-season, puntate lunghissime in cui non succede mai nulla…) e la verve degli autori si è esaurita da tempo. Io ho alzato bandiera bianca, succedessero miracoli, avvisatemi.

The Defenders: dopo le prime stagioni di Daredevil e Jessica Jones pensavo che le serie Marvel su Netflix potessero davvero aggiungere qualcosa di nuovo al mondo Marvel targato Disney. E invece la discesa è cominciata con Luke Cage, accelerando senza freni con l’inutile Iron Fist. Il crossover è un calderone noioso di supereroi che vorrebbero essere i più metropolitani del reame, ma in realtà non si spostano di un millimetro dagli stampini in cui sono stati costruiti. Azione sempre uguale e ritmo lentissimo non aiutano.

Aggiungo anche: Tranfsormers: l’ultimo cavaliere, Baywatch, Valerian e la città dei mille pianeti.

TLOP:

Dunkirk: il war movie di Nolan era tra i miei must watch dell’anno. Sarà che l’ho approcciato con un hype altissimo, ma alla fine non mi è arrivato come immaginavo. Emotivamente, ci sono stati film di guerra che mi hanno coinvolto molto di più (penso a Platoon o Salvate il soldato Ryan) e forse ho sofferto la struttura “episodica”, che senza un vero protagonista non mi ha dato punti di riferimento facendomi vivere tutto con un certo distacco. Ma il livello tecnico resta altissimo, con riprese pazzesche per capacità di immersione e crescita della tensione. Come tutti i film di Nolan può darsi che una seconda visione mi dia le certezze che mi mancano. E dato che Babbo Natale mi ha messo sotto l’albero il Dvd, succederà molto presto.

Blade Runner 2049: partiamo dalle sicurezze. Villeneuve ha fatto quello che doveva fare, rendendo personale un sequel di cui nessuno sentiva il bisogno. La fotografia di Deakins lascia sempre senza fiato. Gosling e Ford – minimal e risoluto il primo, nostalgico quanto basta l’altro – formano un bell’incontro/scontro di generazioni. Ma la mia sensazione è che manchi sempre qualcosa per arrivare come dovrebbe. Visivamente è maestoso, ma la profondità (spirituale, allegorica, esistenziale, chiamatela come volete) dell’originale era un’altra cosa.

Bright: ok, l’ho visto sotto allucinazioni febbrili, quindi è probabile che nella mia mente abbia guardato un altro film. Ma l’urbanizzazione del fantasy pensata da David Ayer non mi è dispiaciuta più di tanto. Per intenderci: ho trovato più senso nel mix di stili qui che in Suicide Squad. Certo, il film non cambierà gli equilibri (frase dell’anno, grazie Bonucci), ma il quadretto di una Los Angeles in cui umani, orchi ed elfi vivono inseme, con una bacchetta magica a muovere le azioni di tutti, mi ha divertito.

Dark: cos’è il tempo per noi? In che modo influisce sulle nostre vite? Possiamo cambiarlo in qualche modo, abbiamo un potere su di esso? Esiste il destino? Chi decide veramente delle nostre azioni? Mille domande esistenziali alla base di una serie che incrocia linee temporali e tanti generi, dallo sci-fi al family drama e al thriller. Intrigante, ma alla lunga con parecchia carne al fuoco, forse troppa.

The Punisher: Jon Bernthal numero uno sempre, il personaggio gli sta addosso come un guanto. Feroce, doloroso, incazzatissimo: è la cosa migliore uscita dalle serie Marvel di recente. Il problema infatti non è lui, ma la difficoltà di gestire le dinamiche narrative lungo tutta la stagione, la stessa di cui per altro hanno sempre sofferto anche Daredevil e soci. C’è una macchinosità di fondo che pesa e ti fa venir voglia di spegnere tutto più di una volta. Ma poi Frank Castle ricomincia il suo show sanguinoso, che ti convince a resistere.