
Flashback: Guida per riconoscere i tuoi santi
10/07/2018Oggi è il 10 luglio 2018 e Cristiano Ronaldo è ufficialmente un giocatore della Juventus. Tento di metabolizzare la cosa, provando a non pensare al bagno di sangue che sarà la Serie A l’anno prossimo. Vago con la mente e un flashback inaspettato genera una spirituale associazione di idee che mi riporta a Guida per riconoscere i tuoi santi (quasi una premonizione di tutti quelli che invocherò al primo Inter – Juve…).
È un film del 2006, tratto dall’omonimo libro autobiografico di Dito Montiel (anche regista dell’adattamento). Non ci pensavo da anni e mi rendo conto con terrore che il dvd manca in libreria. Quindi lo piazzo subito nel carrello di Amazon e ripenso a quanto mi sia piaciuto, a partire dal titolo che trovo tra i più evocativi di sempre.
Non so per quale motivo, sembra essere entrato nel dimenticatoio collettivo, soprattutto quando si parla di Robert Downey Jr. A mio modo di vedere, è il film che ne segna la rinascita vera, prima della carriera dorata nei panni di Iron Man. Rob rischiava grosso tra droga, alcol e guai con la legge e di buono aveva giusto una parte in Ally McBeal. Poi tra le mani gli capita la sceneggiatura del film e la storia è talmente potente da convincerlo subito a volerne fare parte. Il risultato è una gran bella performance, come non gliene ho più viste fare sino a The Judge (2014).
Con lui, nel cast ci sono un giovane e promettente Shia LaBeouf (pre-Transformers e pre-fase sperimentale/folle/ribelle/comunque-la-vogliate-chiamare), un grande Chazz Palminteri, un arrabbiato Channing Tatum e una bellissima Rosario Dawson.
La storia racconta dell’infanzia di Montiel ad Astoria, non quella dei Goonies nell’Oregon ma a New York, nel Queens. Qui si cresce in strada e si cerca di sopravvivere rispettando – o violando – le sue leggi. Dito (LaBeouf) è un ragazzo di quartiere che cerca di rigare dritto ma viene inghiottito da un mondo di gang e rivalità, dove l’onore è al primo posto praticamente in tutto. Il suo obiettivo? Scappare e farsi una vita altrove.
Bene, ci riesce, va a L.A. e diventa il Dito Montiel scrittore. Ma ad Astoria ci tornerà, da adulto (col volto di Downey Jr.) per stare vicino al padre malato e affrontare i fantasmi del passato.
È una storia vera, cruda, raccontata con uno stile scarno e lirico allo stesso tempo. Lo sguardo con cui Montiel descrive lo scenario da strada è molto scorsesiano, a tratti l’occhio sembra persino documentaristico. C’è tutta la sincerità di chi quelle esperienze le ha vissute per davvero. Difficile che un’opera così vera non riesca a coinvolgere perché racchiude qualsiasi tipo di emozione un essere umano possa provare. Nostalgia, gioia, dolore, sofferenza, rimpianti. E voglia di andare avanti, non prima però di avere fatto un passo indietro. Perché non è solo il padre a richiamare Dito, ma un passato di santi che bruciano all’inferno.
Alcuni hanno cambiato vita, altri sono morti, altri sono finiti chissà dove, ma tutti, in fondo, sono rimasti. Questo perché i santi della vita di ciascuno di noi sono le persone che non ti abbandonano mai e che ti ricordano ciò che eri prima di ciò che sei o diventerai.
Non sono cresciuto nel Queens né ho avuto il rapporto conflittuale di Dito con suo padre. Ma l’essere stato più fortunato non mi impedisce di rivedermi nel suo viaggio. E di riconoscere i miei santi. Li ringrazio, mentre continuo a guidare per la mia strada.
Gli altri santi aspetto di invocarli a San Siro…