Il Re Leone, perché per Disney è anche un rischio

Il Re Leone, perché per Disney è anche un rischio

20/07/2019 0 Di AndreMovie

Vi sarà capitato almeno una volta nella vita di ritrovarvi con tante aspettative verso qualcosa che poi alla fine vi delude, giusto? Un ragazzo, una ragazza, un viaggio, un lavoro… e un film, magari. Sul nuovo Re Leone Disney io di aspettative ne ho tante da quel di’. Più o meno dalla prima volta che ho visto la zampina del piccolo Simba affondare nell’impronta ben più grande di suo padre padre Mufasa. Il realismo di quelle prime immagini mi ha lasciato a bocca aperta eppure oggi mi crea non pochi dubbi sulla riuscita del film.

In America è uscito il 19 luglio e no, non ho letto recensioni al riguardo e non lo farò sino al prossimo 21 agosto, quando andrò in sala. Ma l’entusiasmo iniziale ora lascia un po’ il posto a qualche incertezza. Disney si è presa un bel rischio con questo suo nuovo ciclo di remake live action dei suoi classici. Dumbo e Aladin non sono andati malaccio, ma con il Re Leone si tocca davvero un bel gigante. E il confronto con l’originale animato, unito all’effetto nostalgia, rischia di rivelarsi un boomerang pesante per la casa di Topolino.

Partiamo dall’incredibile realismo delle immagini: il lavoro fatto per Il libro della giungla sembra essersi alzato di livello, sfiorando davvero lo stile documentaristico. Ma mi chiedo: quali conseguenze può avere una simile resa visiva nei confronti della storia con cui sono cresciuto?

Voglio dire, in questa versione non riesco a immaginarmi una scena musicale come quella di “Voglio diventar presto un re”, che nel film d’animazione trasforma la savana in una specie di carnevale di Rio, capite?

Per non parlare della questione espressioni: ogni personaggio originale, essendo un disegno animato, aveva una gamma di espressioni facciali molto vasta, fondamentale per definirne la caratterizzazione. Qui, proprio a causa dell’approccio da fotorealismo che è stato adottato, mi sembra tutto inevitabilmente troppo… legato. Troppo uguale. O troppo reale, forse.

Il cortocircuito che temo sta tutto qui, nel realismo eccessivo. Più guardo il trailer e più penso che, tolti i dialoghi e con un voice over narrante, questo Re Leone potrebbe tranquillamente essere un bel documentario. Una storia di vita, come tante di quelle toccanti che si vedono nei capolavori del National Geographic o della BBC per esempio.

E poi il resto: continuo a pensare che il doppiaggio italiano originale sia inarrivabile e sarà strano ascoltare Luca Ward doppiare Mufasa anziché il solo e unico Vittorio Gasmann, Scar (che non mi convince affatto col nuovo look) senza la voce di Tullio Solenghi o Timon e Pumba, il primo senza i guizzi di Tonino Accolla e il secondo senza i “grugniti” di Mirko Pontrelli, alias Ernesto Brancucci. Al loro posto, Stefano Fresi ed Edoardo Leo, mentre a Marco Mengoni ed Elisa è affidato il compito di far parlare e cantare Simba e Nala adulti. Sul cantato nulla da dire, sul parlato… mah.

Scar a confronto: 2019 vs 1994

Il film sta già raccogliendo il suo bel gruzzoletto di milioni di dollari (è già oltre i 150 milioni al box office internazionale) e questa di certo non è una sorpresa. Disney ha dalla sua la tranquillità di una superpotenza e riconosco che con questi nuovi adattamenti la major ha realizzato anche qualcosa di interessante dal punto di vista del linguaggio, consapevole di come sia cambiata oggi l’animazione, di quanto il disegno manuale implichi fatiche multiple e sia visto ormai sorpassato dalle generazioni di oggi, abituate più alle prodezze digitali della Pixar che alle matite consumate di chi, un tempo, disegnava Merlino e amici.

Non so, forse mi sto solo proteggendo da una possibile delusione, attaccato come sono al film del 1994. Mi emoziona senza sforzi ancora adesso. E spero davvero che il suo successore possa fare altrettanto.