
Jojo Rabbit, la nazi-parodia candidata agli Oscar
15/01/2020Taika Waititi si è sempre sentito a suo agio a manovrare i meccanismi della parodia, della carica farsesca o del grottesco. Non importa quale sia il tema, il suo cinema se ne nutre sin dagli esordi nell’indie, senza snaturarsi persino in un contesto mainstream e codificato come quello della Marvel (Thor: Ragnarok dissacrava il concetto di supereroe). Ora con Jojo Rabbit ha convinto pure l’Academy, che ha candidato il film a sei premi Oscar, fra cui miglior film e miglior attrice non protagonista, che di nome fa Scarlett Johansson.
Stavolta nel mirino di Waititi c’è la Germania nazista, raccontataci attraverso lo sguardo di Jojo, un bambino di dieci anni che come amico immaginario ha niente meno che Adolf Hitler, interpretato dallo stesso regista. L’ossessione del piccolo protagonista per il Führer è lo strumento principale con cui il film massacra la folle ideologia alla base di una delle pagine più tragiche della storia dell’umanità. E il ritratto hitleriano di Waititi è interessante perché, se tra i modelli di riferimento ha certamente il vanitoso Hynkel-Hitler di Charlie Chaplin in Il grande dittatore, riesce comunque a conservare il suo taglio personale.

Il personaggio è riuscito e ruba la scena ogni volta che viene coinvolto, alternando momenti di megalomania degni della controparte originale ad attimi di empatia che spiazzano. Tutto è dovuto al rapporto con il piccolo protagonista, che nel Führer trova un amico, un confidente e anche quella figura (e autorità) paterna che la guerra gli ha portato via. Ma in fondo Jojo resta solo un bimbo inconsapevole del vero orrore che lo circonda; è un’anima in crescita, che del mondo non sa nulla se non ciò che gli racconta la propria immaginazione, pulsante come solo a 10 anni. E se gli adulti sono i primi a mascherare la verità, allora per innescare il vero cambiamento ci vuole l’incontro con Elsa, la ragazza ebrea che la madre (Scarlett Johansson, splendida in un ruolo più defilato) nasconde in casa.
Bellissima (e molto tenera) l’evoluzione del loro rapporto, che inizia come uno shock da film horror – il modo in cui Elsa sbuca fuori dal suo nascondiglio quasi ricorda l’uscita dalla tv di Samara in The Ring – e via via acquista complicità. Elsa per Jojo rappresenta l’ignoto: lo spiazza, lo incuriosisce, la teme. La sua crescita passa da lei, determinante per rendere lo sguardo del ragazzino più limpido, più consapevole e per questo più spaventato, perché quando la fantasia non ti protegge più, la realtà ti colpisce con tutta la violenza che conosce.
Mantenere l’impasto di comico e dramma equilibrato non è impresa facile e infatti il film non sempre ci riesce. Eppure arriva, anche con le sue imperfezioni, e lo humor nero di fondo è sensibile abbastanza per capire fin dove spingersi a ironizzare su una ferita che non può e non deve chiudersi mai.
“Lascia che tutto ti accada.
– Rainer Maria Rilke
Bellezza e terrore.
Continua ad andare avanti.
Nessuna sensazione è definitiva”