
Bombshell, la voce dello scandalo poteva gridare di più
18/04/2020Con protagoniste carismatiche come Charlize Theron, Nicole Kidman e Margot Robbie, Bombshell cammina fra la rete di molestie sessuali e giochi di potere che serpeggiava nei corridoi di Fox News, a partire dall’ufficio del fondatore della rete Roger Ailes. Uno scandalo precedente all’epoca del Me Too ma non per questo meno rumoroso. Curiosità: a raccontare la stessa vicenda prima del film ci aveva pensato la serie The Loudest Voice, uscita su Sky a dicembre con Russell Crowe nei panni di Ailes. Il confronto è interessante perché sottolinea come lo stesso tema possa essere esplorato con scelte narrative diverse, che alla fine pesano sull’incisività del messaggio. Ma andiamo per gradi.
Protagonista agli Oscar dello scorso febbraio (nomination per la Theron e la Robbie e una statuetta per il miglior trucco), Bombshell sarebbe dovuto uscire nelle sale italiane per 01 Distribution. Il Coronavirus ha stravolto i piani e allo stesso tempo aperto le porte di Amazon Prime Video. E a dirla tutta meglio così, perché forse il film si presta più a una visione casalinga che cinematografica.
La storia gira intorno a tre giornaliste coinvolte nello scandalo che ha fatto saltare la testa di Ailes, gigante dell’informazione televisiva al pari di quanto lo sia stato Harvey Weinstein per il cinema.
Ailes era un kingpin della comunicazione, manipolava come pochi il subdolo potere del messaggio applicato al mezzo televisivo. Sapeva come ipnotizzare il proprio pubblico, sapeva come ingannarlo, sapeva come conquistarlo. Con notizie mirate, programmate, un tono di voce che aveva il preciso scopo di fidelizzare al massimo l’America repubblicana. E nel farlo usava le donne come sirene: tutte belle, tirate a lucido, inquadrate ad hoc (la telecamera per le gambe…). Se poi una giovane giornalista desiderosa di carriera cedeva alle sue “lusinghe”, allora eccola piazzata in uno dei programmi di punta del network.

Bombshell racconta tutto questo dal triplice punto di vista delle protagoniste. Nicole Kidman è Gretchen Carslon, prima giornalista di Fox News a decidere di denunciare le azioni di Ailes e a far scoppiare la bomba. Charlize Theron è Megyn Kelly, la più tosta della squadra femminile di Fox News, che provoca senza mezze misure Trump durante la campagna presidenziale prima di avere un peso decisivo nella distruzione della carriera di Ailes. Margot Robbie, infine, è Kayla Pospisil, giovane, bellissima, ingenua, determinata a fare carriera… E per questo preda preferita dello squalo.
La regia di Jay Roach e la sceneggiatura di Charles Randolph vogliono gestire il trio con equilibrio, ma l’ago della bilancia è Charlize, Nicole e Margot ruotano intorno alla sua orbita carismatica. Giusto così, perché il personaggio di Megyn Kelly offre una duplice chiave di lettura: anche lei è vittima, ma allo stesso tempo donna di potere, consapevole di come andassero le cose a Fox News.
In questo senso c’è un dialogo esemplare con il personaggio di Margot Robbie. Di fronte alle domande della collega più giovane, che le chiede perché, pur sapendo, non avesse mai detto nulla, Megyn risponde:
“Come pensi che diano a una donna un programma in prima serata? Come pensi abbia avuto successo?”
L’argomento è molto delicato. La Kelly ha la forza necessaria per difendere la sua posizione. In lei c’è coraggio ma anche tanto cinismo, cresciuto in un ambiente che rende prigionieri delle proprie regole. E credo che alla fine l’aspetto più inquietante di una storia come questa sia il modo con cui ogni donna coinvolta abbia finito per cadere ostaggio della sua posizione, Megyn Kelly compresa.
Il cuore di Bombshell è qui, ma concentrarsi sulle tre protagoniste ha finito per togliere luce a Roger Ailes e alla sua natura di leader predatore, che invece era al centro di The Loudest Voice.
Forse aver visto prima la serie mi ha condizionato, ma penso sia necessario far emergere senza mezze misure il viscidume di un personaggio simile. Russell Crowe ci riusciva in pieno. Gli incontri segreti, le occhiate, i giochi perversi di sottomissione, i ricatti, l’abuso di potere: tutto davanti agli occhi dello spettatore.

Il Roger Ailes di John Lithgow, invece, rimane troppo nell’ombra. Probabile sia stata una scelta precisa: rendere soprattutto intuibile e meno esplicito il suo modus operandi, per sottolineare i rischi e le difficoltà di smascherare un soggetto così potente, affondando la sua cupola. Ma ho la sensazione che togliere spazio a Ailes, alla sua falsità e a tutto ciò che trascinava con sé, abbia finito per trattenere la forza d’urto che il film avrebbe potuto sprigionare.
Portare il diavolo allo scoperto, alla luce del giorno, insieme a chi vuole combatterlo: è questo l’elemento che manca a Bombshell. Avrebbe trasformato la sua voce in un vero grido di coraggio, di protesta, di cambiamento.