Polvere e musica: in un duello, tutto Morricone. Grazie, Maestro

Polvere e musica: in un duello, tutto Morricone. Grazie, Maestro

06/07/2020 0 Di AndreMovie

La morte di Ennio Morricone è un’altra di quelle notizie che questo insopportabile 2020 regala al risveglio. Il Maestro aveva 91 anni e se n’è andato a causa, si legge, delle conseguenze di una caduta di qualche giorno fa che gli aveva rotto il femore.

Una carriera lunghissima e pluripremiata, la sua, che mette quasi in soggezione a parlarne. Capita quando si ha a che fare con chi ha saputo guadagnarsi un posto nella storia dell’arte. Sì, Arte in generale, perché il modo con cui Morricone è riuscito a rendere complementari due linguaggi come musica e cinema è figlio di un genio artistico assoluto e limpido, che è tutto lì da vedere e ascoltare, ieri, oggi e per sempre.

Quindi, da misero mortale quale sono, posso solo omaggiare il grande Ennio pescando da ricordi e riflessioni personali. Sembrerà banale, ma della sfilza infinita di film a cui ha lavorato, da sempre lo associo a uno solo: Il buono, il brutto, il cattivo. Sono particolarmente legato a questo film: mio nonno ne andava pazzo ed è stato uno dei primi titoli che abbiamo visto insieme. Mi piace tutto: i personaggi sembrano incasellati in box specifici, ma solo in apparenza perché i confini dei caratteri non sono affatto ben definiti. Eastwood, con il suo poncho, è di nuovo il laconico antieroe senza nome, Eli Wallach un furfante irresistibile e Lee Van Cleef un gelido e amorale villain.

Inoltre, mi ha sempre affascinato come quella colonna sonora, composta da musiche epiche, evocative, che uniscono orchestra e chitarre elettriche, vada a braccetto con l’innovazione radicale del western pensata da Sergio Leone.

Un genere di cui Hollywood cominciava a stancarsi a metà degli anni ’60: considerato ormai sorpassato, roba vecchia, non sembrava destinato a incontrare i gusti più “moderni” del pubblico. Leone era di altro avviso, per lui il western doveva solo essere rinnovato. E, alla faccia della ventata d’aria fresca, si è inventato una trilogia che passa alla storia non solo degli “spaghetti western”, ma del cinema in generale: Per un pugno di dollari (1964), Per qualche dollaro in più (1965) e, appunto, Il buono, il brutto, il cattivo (1966).

Tre film, tre capolavori, tre comuni denominatori: Leone, Eastwood e Morricone (che Per un pugno di dollari si presentava con lo pseudonimo di Dan Savio). Un duplice livello di trinità che lascia sbigottiti per come è riuscito a ridare vita a un genere che sembrava sepolto sotto la polvere delle sue valle desolate.

Il buono, il brutto, il cattivo è un’orchestra armonica di immagini e suoni. Non c’è scena che non parli attraverso un’inquadratura sorprendente, un guizzo musicale, o lo sguardo di uno degli indimenticabili protagonisti. I paesaggi sonori di Morricone sono l’esempio perfetto di colonna sonora che da semplice accompagnamento musicale si trasforma in un vero e proprio linguaggio, in un elemento di narrazione indispensabile come qualsiasi altro trucchetto di sceneggiatura.

Ennio Morricone, Il buono il brutto il cattivo
Il duello finale in Il buono, il brutto, il cattivo (Sergio Leone, 1966)

Un lavoro di raccordo e di racconto, di traduzione in note delle immagini in pellicola, di adattamento delle atmosfere della scena (e della storia intera) che forse nessuno è riuscito mai a fare come lui. Chiaro come la scena del duello finale a tre, nel cimitero, sia il sublime di tutto questo. Un momento fra i più citati e parodiati della storia del cinema, ipnosi di sguardi (quei primissimi piani sugli occhi di Eastwood, Wallach e Van Cleef), di mani pronte a scattare e impugnare le pistole al primo battito di ciglia. La musica avvolge, cresce d’intensità. Sempre di più, sempre di più, sino all’epilogo.

Un capolavoro. Degno di un’orchestra di immortali.