
Il Coronavirus nel 2022: il futuro agghiacciante di Songbird
05/03/2021In un momento storico in cui già solo il presente non offre alcuna certezza, guardare al futuro non aiuta a rasserenare gli animi. Dove saremo, per esempio, nel 2022? Se ci teniamo tanto a saperlo, Songbird ci dà la risposta. E non è quella che speravamo.
Prodotto da Michael Bay, Songbird è il primo film realizzato a Los Angeles durante la diffusione della pandemia. Descrive uno scenario che ha tutte le caratteristiche di una distopia post-apocalittica, ma il quadro è agghiacciante perché così paurosamente vicino a noi anziché in un presunto futuro lontano in cui la Terra ha finito le risorse naturali e la razza umana è a rischio estinzione.
Nel dettaglio: siamo al quarto anno di lockdown (roba che solo a pensarci mi impicco), il virus – che ora si chiama Covid-23 -, è mutato, diventando molto più aggressivo, e gli americani infetti (positivi) vengono prelevati non proprio delicatamente dalle loro case e trasportati in tali Q-Zones, campi di quarantena da cui in pratica non si esce più. Il distanziamento sociale è assoluto e i pochi immuni che esistono vivono ancor più isolati da chi resta in casa con i propri parenti. Hanno un braccialetto giallo che ne certifica l’immunità, un lascia-passare prezioso come poche altre cose al mondo perché, in pratica, ti offre la libertà di andare dove vuoi, senza mascherina o preoccupazioni di sorta.
Certo, la vita comunque una grande prigione, con l’esercito pronto a sparare addosso a chiunque violi il coprifuoco o cerchi di sfuggire ai soldati con ariete e agli omini in tuta gialla che si presentano alla tua porta di casa in tempo zero qualora il test della temperatura via cellulare dia esito negativo. Un “selfie” di 4 secondi di ansia pura per capire se il virus circola nel tuo corpo o meno: non riesco a immaginarmi uno stress più grande.
In tutto questo sboccia il lato romance con la storia dei due protagonisti, Nico (KJ Apa) e Sara (Sofia Carson): lui è immune al virus e lavora come fattorino girando per le strade deserte in bici; lei è una bella ragazza latino-americana, le piace dipingere, non ha sintomi ma la nonna comincia a non sentirsi bene… E quindi è una corsa contro il tempo per evitare che la squadra sanitaria guidata da un sempre inquietante Peter Stormare prelevi entrambe per rinchiuderle in qualche container.
Stay safe, sane and sanitized.
(Songbird, 2021)
Ora, Songbird è un filmetto dal taglio pop in cui la storia raccontata è molto più leggera del contesto in cui si muove. Nulla a che vedere, per esempio, con il realismo soffocante di Contagion di Steven Soderbergh, che già nel 2011 provava a immaginare un mondo messo in ginocchio da una pandemia. Ma l’ansia a guardarlo si prova comunque. Il 2022 è qui dietro l’angolo e il film si basa su dinamiche che purtroppo abbiamo imparato a conoscere. È una specie di realtà alternativa a quella che già stiamo vivendo. Certo, la situazione in America è diversa e più problematica per mille motivi, ma vedere termoscanner a disposizione di tutti come app nei cellulari e a quali estreme misure di sicurezza si sia arrivati per contrastare la diffusione del virus, lontano dall’essere debellato… beh, fa il suo effetto.
Ognuno la prenda come vuole. Può giudicare Songbird come l’ennesima americanata o un prodotto da evitare in tempi come questi. A me importa poco, perché in qualche modo mi consola come il cinema non smetta mai di farsi specchio della realtà in cui viviamo, costringendoci a confrontarci anche con prospettive che una parte di noi preferirebbe evitare. Come una sorta di terapia d’urto.
Ultima nota: a fare da sottofondo musicale del trailer del film c’era Everything’s Gonna Be Alright di Bob Marley. Anche questo un cliché forse, ma per quanto mi riguarda riesce a darmi più speranza di qualsiasi hashtag #andràtuttobene o applauso dai balconi.
