
WandaVision, Marvel riparte al suo meglio
06/03/2021Non che fossero necessarie ulteriori conferme dopo 10 anni di successi, ma Marvel sa come si fa. Tutto è da sempre realizzato in totale controllo, nulla è mai lasciato al caso. Ci vuole una grande abilità per soddisfare il proprio pubblico, per mantenere sempre alto e forte il livello di fidelizzazione. E, su tutti, ci vuole abilità per raccontare storie diverse in un universo immenso per personaggi, materiale di riferimento e vie narrative. Avengers: Endgame ha chiuso un ciclo di enorme impatto, sotto tutti i punti vista, e ora WandaVision ne ha aperto un altro, pronto a svelarci nuovi scenari. Il risultato? Altri applausi.
È un discorso non solo da appassionato e quindi da fan. Marvel ha ormai una padronanza tale del proprio contesto che ancora oggi è la miglior fonte per questo tipo di intrattenimento. Uno stile inconfondibile che comunque non smette di rinnovarsi. WandaVision è una novità assoluta per l’MCU: è una serie a cadenza settimanale, formato old school; gli episodi sono da mezz’oretta l’uno, si bevono come uno shottino; la struttura è un format da sit-com che gioca con il linguaggio della televisione con una precisione ammirevole. E la messa in scena non ha nulla di meno delle produzioni cinematografiche, anzi.
Lo show si scopre strada facendo e in questo senso ha aiutato l’attesa generata dai sette giorni di distanza fra una puntata e l’altra. Alimentare l’hype è fondamentale e WandaVision svela i suoi misteri passo dopo passo. Come detto, nulla (o quasi) è fuori posto e poco a poco il quadro prende forma.
La curiosità principale della serie riguardava il viaggio temporale di Wanda e Visione, che dagli anni Cinquanta attraversano decadi sino ai giorni nostri. È un percorso molto interessante, perché è sia un ripasso dei costumi sociali dell’America di quei periodi, sia di come si faceva televisione. Ciascuna puntata infatti ricalca il formato di programmi storici del passato: dal Dick Van Dyck Show a Malcolm, da Vita da strega a Modern Family, da I Love Lucy a The Office. L’attenzione ai dettagli è super: sigle d’apertura e chiusura, risate registrate del pubblico, intermezzi pubblicitari, gestualità degli attori protagonisti, tutto perfettamente in linea con il decennio e lo show originale di riferimento. In pratica, tanti show nello show, come una matrioska.
Non è solo un omaggio nostalgico alla tv del passato fine a se stesso ma una modalità di racconto funzionale alla storia, perfettamente inserita nella linea narrativa della serie con il solito impeccabile collegamento alla timeline Marvel.
WandaVision, in tutti i suoi (meta)riferimenti, è dunque un prodotto con una sua precisa identità, da scoprire strato dopo strato. Ciascuna domanda alla fine trova la sua risposta e quando il disegno è completo si ha per le mani l’ennesimo perfetto puzzle stile Marvel.
Wanda finalmente trova tutto lo spazio e la profondità che merita. La storia descrive il suo dolore per la perdita di Visione (e di suo fratello Pietro, prima), quindi in un senso più profondo quello a cui assistiamo è la sua elaborazione del lutto. È un cuore spezzato il suo, lo si percepisce, cosa che la rende la figura più tragica del gruppo Avengers e per questo tra le più empatiche.

Elizabeth Olsen non potrebbe essere più perfetta per il ruolo. Fatemi aprire una parentesi su di lei. A parte essere una creatura femminile da sogno, Liz ha vissuto la sua carriera lontano dai riflettori più accecanti di Hollywood. Ha fatto scelte che prima della Marvel riguardavano produzioni minori ma di qualità, passando per il remake di Oldboy di Spike Lee e I segreti di Wind River, bel thriller in cui recita al fianco di Jeremy “Occhio di falco” Renner. Ma soprattutto ha evitato di scomparire nell’ombra delle sue due sorelle Ashley e Mary-Kate, due autentiche icone dello showbiz, ieri bimbe prodigio e oggi proprietarie di un brand, The Row, che fattura milioni di dollari l’anno vendendo abbigliamento e accessori di fascia alta (un maglione di cashmere? 4000 euro).
Uscire indenni – e su un percorso di vita e carriera proprio – da una famiglia così non è semplice. Eppure eccola lì Elizabeth, lontana dal gossip e dalle interviste sopra le righe, spontanea quanto basta per avere quella verve di cui da sempre mi innamoro in un lampo. Tutto, in WandaVision, è sulle sue spalle e Wanda finalmente sboccia per quello che è, insieme all’immenso potere che si nasconde dentro di lei e si svela nel gran finale. Quanta attesa ora, per il sequel di Doctor Strange, In the Multiverse of Madness, in cui Wanda ci sarà. E non vedo l’ora di scoprire in che modo entrerà in contatto con lo Stregone Supremo, ora che ha preso consapevolezza di sé e delle proprie capacità, comunque ancora da scoprire…
Certo, il cast di supporto non è da meno: Paul Bettany riesce a ridare spessore a Visione, che dopo l’esordio in Age of Ultron forse Marvel aveva limitato fin troppo nel suo legame con Wanda. Fattore nullo nello scontro con Thanos, qui si legge sotto un’altra luce, quella di un organismo che cerca di scoprire chi sia davvero. Kathrine Hahn è la sorprendente vicina ficcanaso, tenetela d’occhio. E poi quella carrambata del quinto episodio che mi ha fatto cadere dal divano…
L’episodio migliore? Direi l’8, un viaggio nei ricordi di Wanda e dell’universo Marvel in generale, ma è la serie intera ad essere un crescendo generale, che alla fine lascia una visione d’insieme lucida proiettata verso un futuro che, c’è da scommetterci, continuerà a essere luminoso per Marvel, Disney e i milioni di fan in tutto il mondo.